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78 vi - semiramide



SCENA XII [X]

Semiramide, poi Scitalce senza spada.

Semiramide. S’avanzi il prigionier. Mi balza in petto

impaziente il cor: piú non poss’io
con l’idol mio dissimular l’affetto.
Scitalce. Eccomi: che si chiede? A nuovi oltraggi
vuoi forse espormi, o di mia morte è l’ora?
Semiramide. E come hai cor di tormentarmi ancora?
Deh! non fingiamo piú. Dimmi che vive
. . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Scitalce. So che ti spiacque,
che svaní la tua frode,
che d’un tradito amante
i numi ebber pietá.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Semiramide.   Oh crudeltate! oh pena!
          Tradita, sprezzata, (da sé)
     che piango, che parlo,
     se, pieno d’orgoglio,
     non crede al dolor?
     Che possa provarlo
     quell’anima ingrata, (a Scitalce)
     quel petto di scoglio,
     quel barbaro cor.
          Sentirsi morire
     dolente e perduta! (da sé)
     Trovarsi innocente!
     Non esser creduta!
     Chi giunge a soffrire
     tormento maggior? (parte)


SCENA XIII

Scitalce solo.

Partí l’infida, e mi lasciò nel seno

un tumulto d’affetti
fra lor nemici. Il suo dolor mi spiace,