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T E R Z O. 33

Al mio vago Pastor, che cotant’amo.
Mir.Una fromba da me con bel lavoro
Fatta di seta, e di fin’or contesta,
Sarà don di colui, che amo, & adoro.
Fill.Quanti spargo sospiri, e quanti lai,
Perche ’l mio crudelissimo Pastore,
Pietoso del mio mal si mostri homai.
Mir.Chi non sà quante volte hò questi colli,
Per isfogar la mia angosciosa pena,
Fatti del pianto mio tepidi, e molli?
Fill.Igilio mi donò due Tortorelle
L’altr’hieri, e Clori per invidia quasi
Morissi, tanto eran vezzose, e belle.
Mir.Due panieri di fiori Alcun mi diede,
Et Amaranta già di sdegno folle
Volse, per non vederli, altrove il piede.
Fill.L’empir il Ciel di strida: ohime, che vale,
E ’l crescer acqua co’l mio pianto à l’acqua,
Se non m’acquista fede al mio gran male?
Mir.Amo Uranio crudele, e non me’n pento,
Che la beltà, ch’à tutti gli occhi piace,
Mi fa lieta gioir d’ogni tormento.
Fill.La neve al Sole si dilegua, e ’l foco
Strugge la cera, e a me lo sdegno, e l’ira
D’Uranio, il cor consuma a poco, a poco.
Mir.Giovan l’erbe a gli Agnelli, à l’Api i fiori;
A me sol giova contemplar d’Uranio
Nel vago viso i bei vivi colori.
Fill.Dimmi Ninfa qual’è quell’animale,


Che