Pagina:Misteri di polizia - Niceforo, 1890.djvu/169

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nella penna, vi era posta alla gogna; alla gogna sopratutto era posto il regio Commissario di cui si cantava con sapore ariostesco la tresca che aveva con una signora. Ricercato l’autore, questi non fu difficile a cadere nelle mani della Polizia. Era un certo Salvatore Arcangeli, d’anni 19. Il Presidente del Buon Governo, stante l’età giovanile del delinquente, lo condannò ad un mese di carcere ed alla vigilanza speciale della Polizia, previo un mese di relegazione nell’eremo di San Vivaldo, in quello di Volterra, coll’obbligo di conformarsi alla stretta disciplina di quel cenobio.

Più rumore, perchè più vasto campo abbracciava, fece un altro libello in versi: Le Litanie pel giubileo del 1826, diffusosi in quell’anno in Firenze. „Satira oscena — dice un rapporto del 26 ottobre — contro le dame fiorentine, facendo uno strazio veramente micidiale dal loro onore, con isfregiare d’infamia i lignaggi sublimi cui appartengono e cimentare l’armonia dei talami.„ — Probabilmente molti signori mariti, malgrado la sublimità del loro lignaggio, come enfaticamente diceva il poliziotto nel rapporto sopra citato, non avranno appreso nulla da quella turpe pubblicazione che prima non fosse stato da loro conosciuto; ma lo scandalo destato da quella rivelazione di turpitudini fu immenso. Quasi tutta la nobiltà fiorentina fu dall’anonimo poeta fatta passare attraverso tutto quel sudiciume, non risparmiando il libellista nè mogli, nè figlie di ministri, di consiglieri intimi o di ciambellani. L’audacissimo scrittore fu ricercato con pazienta industria sguinzagliando all’uopo la Polizia i suoi bracchi migliori. Dapprima fu creduto autore di quella immonda satira l’abate Giuseppe Borghi, il traduttore di Pindaro. Così almeno volle far credere alla Polizia uno de’ suoi soliti amici: ma l’ispettore Chiarini, che aveva miglior naso dei suoi bracchi, non vi prestò fede, quantunque non ritenesse il Borghi per uno stinco di santo. Si pretendeva che il chiaro poeta avesse incominciato le Litanie ai Bagni di Lucca, e ne avesse letto un passo al marchese Giuseppe Paternò Di Raddusa, esule siciliano, e al giovinetto marchese Benedetto Paternò-Castello Di San Giuliano, di cui il Bor-