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che i stateri d’oro, che sin allora si cambiavano contro 210 follari, indi in poi si dovessero dare per soli 180, e così il soldo d’oro che prima cambiavasi contro 8400 nummi, ora sarebbesi ridotto a 7200, prova dell’incostanza di tal fittizia moneta.

Secondo lo stesso autore i pezzi di 30 nummi si sarebbero chiamati tre quarti di follare, di 20 mezzi follari, decanummi quelli di 10, e pentanummi quelli di 5.

Avendo veduto qual sistema di monete allora fosse in vigore nell’impero bizantino, toccheremo delle monete che in Roma specialmente si usò di battere, essendo necessario di conoscerle per la storia numismatica de’ primi papi.

Abbiamo già detto che ivi monete coniavansi a nome di Giustiniano II, e certamente vi si continuò a battere anche a quello de’ suoi successori sinchè in Roma fa riconosciuta la sovranità di que’ Cesari, e da questa zecca uscirono tremissi d’oro bianco di Costantino Copronimo1 e soldi dello stesso col figliuolo Leone IV, sui quali vedesi nel rovescio la croce accostata da una stella e dalla lettera R, che quando sola vedesi sulle monete d’oro e d’argento si sa che indica questa officina, e non quella di Ravenna, la quale mai questa sola lettera usò, ma sempre almeno RA o RV o RAV2∗ 1.


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  1. Saulcy, Essai de classification des monnaies Byzantines. Atlas Tav. XIV, N° 2.
  2. Sabatier, Production de l’or etc. S. Pétersbourg, 1850.
  1. A questo proposito crediamo di far cosa utile facendo conoscere la diversità che esiste tra le monete allora battute in Italia, e quelle uscite dalle altre zecche dell’impero.
    In queste l’effigie dei Cesari ed il panneggiamento è duramente trattato, e la corona imperiale che li cuopre è molto schiacciata, oltre le lettere delle leggende che sono più tonde e regolari, e sentono alquanto del greco, quando, nelle italiane, come puossi vedere nel Saulcy ai Ni 8 e 10 della Tavola XIII, Ni 2, 4, 5 e 6 della T. XIV, e N° 1 della Tav. XV, cioè da Leone III a Leone IV, i panni sono mal segnati ma più largamente, la corona fatta di grosse perle più rilevata e le lettere più rotte e larghe, oltre una stella che difficilmente vi manca nel campo del rovescio, segni tutti che più non vi si veggono dal momento che i Greci perderono l’esarcato ed il ducato romano.
    I tremissi imperiali ed alle volte anche i soldi stati battuti in Italia durante il vii ed viii secolo, sono quasi tutti d’un oro coperto da tanta lega d’argento, che alle volte furono creduti essere esclusivamente di questo metallo, così dal Taninia furono dati come denari d’argento varii soldi e tremissi bian-
  1. Supplementum ad Bandurium. Romae, 1791, fol., pag. 415.