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Numana e Sutri, e la conferma d’una pace di vent’anni col ducato romano.

In tutte queste trattative non compare più che siano intervenuti ufficiali dell’impero, e Zaccaria solo vedesi avere allora in mano i più importanti affari di quel ducato, prova dell’abbandono nel quale trovavasi per parte dei Greci.

Luitprando nella suddetta pace non avendo compreso l’esarcato e il ducato di Napoli dipendenti da Costantinopoli, mandò un esercito ad occupare la Pentapoli, per il che atterrito l’esarca Eutichio s’indirizzò al pontefice affinchè s’interponesse presso il re per aver la pace, e Zaccaria, lasciato al governo di Roma Stefano patrizio e duca1, subito recossi a Ravenna, indi a Pavia, dove almeno in parte ottenne il suo intento. E questa sarebbe la prima volta che troviamo esercitato in quella città dai papi un atto che proverebbe ivi già comandare al patrizio.

Morto probabilmente nel 749 Luitprando, gli successe il nipote Ildebrando, ma dopo pochi mesi essendo stato deposto, gli venne surrogato Rachis duca del Friuli, il quale essendo venuto a metter l’assedio a Perugia, il pontefice subito andò al suo campo, e con doni e preghiere l’indusse a lasciar libera quella città, ed essendo indi questo re andato a Roma a venerare le reliquie di S. Pietro, rinunziatavi la corona, prese l’abito monastico, lasciando il trono ad Astolfo suo fratello.

Questo fu l’ultimo viaggio intrapreso da questo papa a benefizio delle provincie italiane soggette ai Greci, e dopo tre anni incirca, cioè nel marzo del 752, passò a miglior vita in un momento, in cui la sua azione era più che necessaria, per essere state allora esse nuovamente dai Longobardi invase2.

Continuando pel ducato i tristi tempi di Gregorio III, papa Zaccaria collo stesso scopo del suo predecessore continuò a far battere tessere di rame, però di due diverse grandezze e di diverso peso, ma nell’impronta consimili alle altre. La più grande (Tav. I, N° 4) è formata di pezzo di lastra quadrata uguale nella larghezza a quella di Gregorio, ma del peso di grani 86, cioè 11 più di quella, il che credo provenghi dalla maggior consistenza della lastra; delle più piccole una è pure quadrata (Tav. I, N° 3) e pesa grani 26, l’altra è tonda (Tav. I, N° 5) e pesa grani 25. L’impronta, fuori l’essere più ristretta e l’avere i caratteri più minuti nelle piccole, è uguale in tutte e tre, avendo esse in un circolo di perlette da un lato su tre linee

  1. Anastasius Bibliothecarius, Muratori, Rerum ital. scriptores. T. III, pag. 162.
  2. Troya, Vol. IV. Parte IV, pag. 382 e 437.