Pagina:Moore - Il profeta velato, Torino, 1838.djvu/51

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D’un indomito sdegno erasi accesa,
Smarrita si restò come se il fiato,
Che quel detto recolle, una si fosse
960Aura letale, e pallida ed immota
Stettesi — imago di persona estinta.
     «Sì mia sposa tu sei; tal ti giurasti.
Altri cerchin giardini — a noi fu templo
Pe’ nuzïali riti il tenebroso
965De’ scheltri albergo; balsami e fragranze
Non ci allegrâr, ma biancheggiante ossame
Ci surgeva all’intorno; una lugubre
Pallida teda illuminò la sala
Del nuzïal banchetto, e lunga fila
970Di cadaveri ritti, ospiti grati,
Ne feo corona; — il giuramento a cui
Molti udisti echeggiar pallidi labbri,
La coppa (oh! non tremar; dimmi; soave
Non era forse?) quella coppa, ond’ambo
975Libando noi d’alterna fede in pegno
Degli estinti bevemmo il vino eletto,
Mia ti sacrâr.... sì mia perennemente,
E di tal nodo mia che la medesma
Possa d’Averno nol potria disciorre.
980Or parti, o donna, e vanne infra la turba
Dell’Harèmo e colà mostrati allegra,