Pagina:Moro - Le lettere di Aldo Moro dalla prigionia alla storia, Mura, Roma 2013.djvu/111

Da Wikisource.
110/


significativa posizione socialista cui non manca di guardare la D.C., è difficile pensare che il PCI voglia disperdere quello che ha raccolto con tante forzature.
Che Iddio t’illumini e [ti] benedica e ti faccia tramite dell’unica cosa che conti per me, non la carriera cioè, ma la famiglia.


Grazie e cordialmente


tuo
Aldo Moro


On. Giulio Andreotti
Presidente del Consiglio dei Ministri


8 Al sottosegretario del Ministero di grazia e giustizia Renato Dell’Andro1


Fogli: 1 recto/verso. Recapitata il 28-29 aprile e scritta a partire dal pomeriggio del 23 aprile: non è citata nella missiva all'allieva Maria Luisa Familiari del 23 aprile. La lettera è accompagnata da una busta con il nome del destinatario, scritto con mano diversa da quella di Moro. Sono qui restituite due parole cancellate energicamente.


[foglio 1 recto]


On. Renato Dell’Andro


Carissimo Renato,
in questo momento così difficile, pur immagin[an]do che tu abbia fatto tutto quello che la coscienza e l’affetto ti suggerivano, desidero aggiungere delle brevi considerazioni. Ne ho fatto cenno a Piccoli e Pennacchinni ed ora lo rifaccio a te, che immagino con gli amici direttamente e discretamente presenti nei dibattiti che si susseguono. La prima riguarda quella che può sembrare una stranezza e non è e cioè lo scambio dei prigionieri politici. Invece essa è avvenuta ripetutamente all'estero, ma anche in Italia. Tu forse già conosci direttamente le vicende dei palestinesi all'epoca più oscura della guerra. Lo Stato italiano, in vari modi, dispose la liberazione di detenuti, allo scopo di stornare grave danno minacciato alle persone, ove essa fosse perdurata. Nello spirito si fece ricorso allo Stato di necessità. Il caso è analogo al nostro, anche se la minaccia, in quel caso, pur serissima, era meno


[foglio 1 verso]


definita. Non si può parlare di novità né di anomalia. La situazione era quella che è oggi e conviene saperlo per non stupirsi. Io non penso che si

  1. Ibid., n. 60, pp. 111-112.