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le pene del poeta 65

Nell’aie acuta la magnolia odora,
lustra l’arancio popolato d’oro —
io, quando al Belvedere era l’aurora,
10venivo al piede d’uno snello alloro.

Sorgeva presso il vecchio muro, presso
il vecchio busto d’un imperatore,
13col tronco svelto come di cipresso.

Slanciato avanti, sopra il muro, al sole
dava la chioma. Intorno era un odore,
16sottil, di vecchio, e forse di vïole.

Io sognava: una corsa lungo il puro
Frigido, l’oro di capelli sparsi,
una fanciulla... Ancora al vecchio muro
20tremava il lauro che parea slanciarsi.

Un’alba — si sentìa di due fringuelli
chiaro il francesco mio: la capinera
23già desta squittinìa di tra i piselli —

tu più non c’eri, o vergine fugace:
netto il pedale era tagliato: v’era
26quel vecchio odore e quella vecchia pace;

il lauro, no. Sarchiava lì vicino
Fiore, un ragazzo pieno di bontà.
Gli domandai del lauro; e Fiore, chino
30sopra il sarchiello: Faceva ombra, sa!

E m’accennavi un campo glauco, o Fiore,
32di cavolo cappuccio e cavolfiore.