Pagina:Neera - Il romanzo della fortuna.djvu/133

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— Giustissimo. Ma ti sei fatto male?

— Cose da nulla, ti ripeto. La fatica fu grande, questo sì, perchè una ruota si era affondata quasi tutta e sull’altra il puledro scalpitava tanto che la mandò in frantumi.

— E allora?

— Allora abbiamo dovuto lasciare il calessino nel fosso. Presi con me il signor Bassano sul biroccio, attaccai il suo puledro dietro e li ricondussi a San Donato. Al calessino ci avranno pensato poi. Natu-ralmente con tutte queste facende si fece tardi.

— Povero Giovanni!

— Devi dire povero signor Bassano. Ha preso uno spavento numero uno. Era bianco come un cencio.

Fratello e sorella parlarono ancora dell’accaduto intanto che gli abiti di Giovanni asciugavano davanti a un gaio fuoco di ceppo e che la zuppa fumava sul piccolo desco mandando odore di cavoli e di lardo.

La settimana seguente, essendo uscito un bel sole, Chiarina lasciava aperti tutti e due i battenti perchè il suolo della sua botteguccia potesse seccare. Era giorno di domenica, era già stata a messa, e discorreva con Giovanni