Pagina:Neera - Il romanzo della fortuna.djvu/282

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Egli le vide in fronte un tal pallore che temette dovesse cadere e prendendola per un braccio la obbligò a mettersi al suo posto. Comprese anche di non averla preparata alla infausta notizia, di non aver pensato che a sè, di essere stato, senza volerlo, egoista e crudele.

— Mi perdoni — mormorò.

— Cosa, cosa? — disse Chiarina collo sguardo smarrito. — Chiedo io perdono a lei. Se sapessi... comandi. Comandi liberamente... io...

Proruppe finalmente in un largo scoppio di pianto che Enzo rispettò, in piedi, dinanzi a lei, tocco dalla sincerità della sua affezione.

Finalmente Chiarina, asciugandosi gli occhi, volle sapere.

—È stata una sincope. Quando venne a casa ieri all’ora del desinare si disse stanco; non prese altro che un po’ di brodo. Dolori non ne accusava... chi avrebbe mai immaginato! Non fu che verso le otto che incominciò a lagnarsi di aver freddo: andai a chiamare il medico... alle nove meno un quarto non c’era più.

Chiarina si alzò facendo colle mani un gesto di desolazione. Enzo parve ricordarsi allora dello scopo principale della sua visita. Disse: —