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e la bocca tagliata in fessura da salvadanaio non le riusciva difficile di comporsi una maschera austera che incuteva rispetto agli ingenui spadaforesi.

Già guardando minutamente le opime spoglie sciorinate nel tinello la signora Radegonga aveva fatto un visaccio che così brutto ancora non lo aveva visto nessuno e tratto il parroco in un cantuccio non s’era peritata a mormorargli nell’orecchio qualche cosa di ben terribile perchè il buon prete andava negando colla testa: Ohibò! Ohibò! armeggiando colle mani nell’aria a guisa di uno che sta per annegare.

— A buon conto, — insistè la signora Radegonda, — se questa Ester Serpinelli si fosse maritata avrebbe chiesto a lei la fede di battesimo.

— Ma io non c’ero allora, io non so nulla, io non sospetto di nulla.

— Per qualche cosa esistono i registri della parrocchia; li può consultare quando vuole.

— Ma non occorre, non occorre. Ora si tratta di dividere la roba.

— Io non ne ho bisogno, — dichiarò alteramente la signora Radegonda, — pure vorrei morire nuda come sono nata piuttosto che mettere il mio corpo a contatto di quelle ve-