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246 | ipotenùsa, va! |
Si sprofondò allora tutto quanto nel lavoro al quale voleva confidare la gloria maggiore del suo nome: "La coscienza nei rapporti colla volontà". L’ora per lui propizia alla occupazione intellettuale essendo quella che segue immediatamente il levarsi, aveva raccomandato all’Agata di scaldargli bene la stufa del suo studiolo e per alcuni giorni la faccenda camminò liscia. Poi a poco a poco avvennero dei ritardi, insensibili dapprima, notevoli in seguito e sempre crescenti.
— Agata, questa mattina il termometro del mio studiolo misurava sei gradi di calore. È indispensabile che tu accenda la stufa più presto.
— Non posso mica accenderla di notte.
— Nè vorrei. Ma dopo la notte viene l’alba, poi il mattino fatto, e mi pare che per le nove si potrebbe avere una discreta temperatura.
— Alle otto è ancora buio, miracoli non ne fa nessuno.
Egli avrebbe potuto provarle che non c’era bisogno di miracoli per esaudire il suo modesto desiderio; tuttavia preferì aspettare tempi migliori, per amor della pace.
Verso la metà di febbraio, essendo nevicato sui monti, l’aria fattasi più frizzante