Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu/44

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38 una serva


zata dalla stanchezza per l’incessante lavoro della giornata, la serva deve rimanere alzata fino a mezzanotte, in un angolo della cucina, ad aspettare il ritorno dei padroni dal teatro: — mentre in sala da pranzo e in salotto, alla luce di tutte le lampade, si chiacchiera e si gioca, allegramente, intorno al tavolino del thè o al vassoio del marsala, la serva se ne deve star quieta e silenziosa nel suo solitario cantuccio presso i fornelli, abbassando la fiamma del gas per non fare spreco. — Tutto questo non le pesò, nè le fu doloroso.

Era il suo gesto naturale: non avrebbe saputo far altro.

Anima obbediente: non già arida e muta. Ella nutriva in sè un umile, ma irresistibile bisogno di amare. I suoi piccoli, lucenti occhi giapponesi ridevan d’un limpido raggio di simpatia per tutto e per tutti: per la padrona arcigna, pel padrone burbero ed esigente, pel grasso e grosso amico di casa che veniva ogni sera a pranzo e non le dava mai un soldo di mancia: — pel fornaio, pel lattivendolo, per le scarpe che lustrava con ardore, pei rami che rendeva color di sole a