Pagina:Nodier - Racconti Fantastici, 1890.djvu/92

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è coronata da un vasto palazzo che fu quello de’ miei antichi, ed ove essi con grandi speso avevano ammassate le magnificenze di dieci generazioni.

— Ahimè! rispose l’incognito, perchè mi forzate a pagare una così dolce ospitalità con una brutta notizia? Il tempo, che nulla risparmia, non ha risparmiata la più solida delle vostre speranze. Ho costeggiato a lungo la pianura di cui parlate. Essa è un lago: ho voluto visitare il palazzo de’ vostri avi, e non ne ho trovato che le rovine, che oggi servono tutt’al più d’asilo a qualche uccello notturno e a qualche bestia da preda. Le lontre si disputano la metà della vostra eredità e l’altra appartiene ai barbagianni. È così poca cosa, amici miei, l’opulenza dell’uomo.

I fanciulli si guardarono in viso.

— Non v’ha che un bene, proseguì il vecchio, fingendo di non aver visto il loro stupore, un bene che mette la vita al coperto da queste dure vicissitudini; e questo bene non lo si procura che collo studio e col lavoro. Oh! invano contro di esso le acque straripano, la terra si solleva e il cielo consuma i suoi flagelli. Per chi lo possiede non v’ha rovescio che possa abbattergli il coraggio se gli resta una facoltà nell’anima o un mestiere in mano.

L’amabile scienza delle arti è la più bella dote dei fidanzati; le attitudini alle faccende domestiche è la corona delle donne. L’uomo che possiedo un’industria utile o delle nozioni intorno ai bisogni comuni, è per verità più ricco dei ricchi, o più tosto di ricco e di indipendente non v’ha che lui sulla terra. Qualunque altra fortuna è ingannevole e passeggiera; val meno e dura poco.

Ametista e Zaffiro non avevano mai udito un tale linguaggio. Essi si guardarono ancora e non risposero.

Mentre tacevano, il vecchio si trasfigurò. I suoi tratti decrepiti ripigliavano le grazie della bell’età, e le sue membra affrante, l’attitudine sana e robusta della forza giovanile. Questo povero uomo era il genio benefico, del quale vi ho già fatto fare la conoscenza.

I nostri giovinetti non ne avevano guari dubitato di ciò, e voi nemmeno.

— Io non vi lascierò, aggiunse egli sorridendo, senza darvi un debole pegno della mia riconoscenza per le cure di cui m’avete colmo. E poichè la noia sola intorbidò finora la felicità che la natura vi dispensava in modo sì liberale, ricevete da me questi due anelli, che sono potenti talismani.

Premendo la molla che ne apre il cassone, troverete sempre nell’insegnamento che v’è nascosto un rimedio infallibile contro questa triste malattia del cuore e dello