Pagina:Notizie del bello, dell'antico, e del curioso della città di Napoli.djvu/11

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chiamarono nella loro favella Napoli, che è lo stesso che dire Città nuova: appunto come oggi si dice a’forastieri,


    asconda tra gli strani parlari in che fu tramandata la fondazione della nostra Napoli.
       Allorchè il nostro golfo mostrava gli incanti primitivi del suo cratere, e quando le succennate regioni nude apparivano delle Romane dovizie, ecco approdare un dì greco naviglio, scopritore forse dell’itale vaghezze; e scesi a terra i Greci, attoniti per le non viste ancora scene incantevoli, contemplavano innamorati il seno del mare, chiuso da curvi lidi, che in un magico orizzonte si perdono; e volgendo lo sguardo, scovrivano declinanti ciglioni, fatti di fuoco dagli ultimi raggi del sole che si celavan tra l’onde, cosicchè il saettare di quelli produceva sorprendente vivacità di tinte per luce riflessa. A quella vista, svegliossi un voto, un desiderio nei Greci, i quali da tanta ospitalità incoraggiati, si diedero a formare grandiosi progetti. E scoverto a Levante piccol seno d’un fiume, deliberarono di quivi erigere una città; ed innalzata un ara selvaggia come monumento di riconoscenza a’loro Numi, vedevan con ansia un cielo animatissimo, quasi assentimento di prosperità; e l’avvenire leggeva in tanto augurio il germe di sua potenza!
       E duce dei Greci era Eumelio Falero, uno degli argonauti, compagni di Giasone nella conquista del vello d’oro; il quale segnava le prime tracce di avventurosa città, cui dava nome di Falero; assai prima, come scriveva il Celano, della guerra Troiana, e perciò antecedente alla fondazione di Roma.
       Alcuni, indottivi da somiglianza di nome, erroneamente scrissero essere un tale Falero quel medesimo Siciliano, tiranno famoso per il toro di bronzo in che chiudeva i suoi ospiti per farveli abbruciare, quello che chiamato Falaride da altri, anche Falero è detto in Callimaco. Ma i nostri scrittori, senza tener conio di sì fatta autorità, si rivolsero a Falero argonauta mentovato da Apollonio di Rodi, da Valerio Fiacco e da Pausania; e nella Partenope di Licofrone riscontrarono or la figlia di Anteo e Samia, or una donzella arcade figliuola di Stinfalo, or una figliuola di Eumelo ricordato da Omero, la quale non potendo in patria portar la vergogna di grave colpa commessa, pensò uscire di Grecia e ridursi in lontano luogo a pianger l’error suo; onde postasi in mare con