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munità. Quello della Nunziatura Apostolica, sono conosciute quelle de’ Frati, e gl’interessi della Camera Apostolica, nelle materie de’ spogli, de’ Vescovi e de’ beneficiali, che non sono Napolitani.

Vi è quello della fabbrica di S. Pietro, per li legati pii, non adempiti dagli eredi.

Vi è anche quello del Cappellano Maggiore, che s’estende su de’ Preti degli Castelli, e delle torri in alcuni luoghi a lui soggetti; e ne’ studenti e lettori dell’Università pubblica. Ve ne sono anche degli altri, che per brevità si tralasciano1.

  1. Delle Vicende politiche discorreremo in succinto, tutti però toccando i più memonibili avvenimenti.
       I popoli dell’Italia meridionale che, fin da’ primi tempi di Roma divisi in quarantuno piccoli Stati indipendenti, abitavano le amene regioni circoscritte dai lidi de’ mari Tirreno, Ionio ed Adriatico, e che formano di presente il Reame di Napoli, senz’altro mediterraneo confine al Nord-Ovest che quello, come abbiam detto, d’una linea convenzionale, erano ì seguenti: I Sabini, gli Equi, i Volsci, i Palmensi, i Pretuziani, gli Adriani, i Peligni, i Vestini, i Marsi, i Marrucini, i Frentani, i Sanniti Pentri, i Sanniti Irpini, i Sanniti Caudini, i Caraceni, gli Ausonii, gli Aurunci, i Sidicini, i Campani, i Picentini, i Lucani, i Bruzi, i Reggini, i Locresi, i Cauloni, gli Scilletici, i Crotonesi, i Sibariti o Turii, i Sirini o Eraclesi, i Metaponlini, i Tarantini, i Cumani, i Palepolitani e Napolitani, i Posidoniati poi Pestani, i Veliensi, i Giapigi, i Calabri o Messapii, i Salentini, i Peucezii, i Dauni, e gli Appuli.
       I Romani, dopo tre secoli d’aspre guerre, spogliarono queste contrade; le sottoposero a duro servaggio, e le ridussero in uno stato di oppressione e di miseria. Ubbidirono poscia all’Impero Greco ed alle Signorie Longobarde di Capua, di Salerno e di Benevento; ingrati tempi di avvilimento, ne’ quali quegli orgogliosi dominatori introdussero sistemi ignoti, forme novelle di civile governo, ed odiosa feudalità.