Pagina:Novelle cinesi tolte dal Lung-Tu-Kung-Ngan.djvu/73

Da Wikisource.

—( 55 )—

A questo modo i due accusati, giustificandosi a vicenda, sopportarono la tortura senza confessar verbo. Pao-kung se ne ritornò a casa tutto pensoso e cogitabondo, sicchè per quel giorno non potè mangiar nulla a desinare. Una sua nipote che teneva seco, vistolo tanto serio, gli chiese perch’ei non assaggiasse nemmeno un boccone. Egli allora le raccontò come, essendo stato chiamato a giudicare sulla reità di due persone, avesse trovato il caso tanto difficile, da non aver potuto pronunziar sentenza: questa era la cosa che lo preoccupava, e gli toglieva l’appetito. La nipote saputo di che si trattava, ardeva dal desiderio di dire la sua opinione in proposito, ma non osava parlare. Onde toltosi dalla testa il suo spillone da capelli, lo confisse in terra, per fare intendere allo zio, che ai desideri amorosi l’età non fa ostacoli, e solo la morte gli spegne4. Il nostro magistrato capì subito quel che la donna voleva esprimere, nè ebbe più a lambiccarsi il cervello sulla pretesa impotenza del vecchio. Per la qual cosa, tornato subitamente al tribunale, ordinò alle guardie che, tratti di prigione, i due rei fossero condotti innanzi a lui. Giunti, il vecchio e la donna, nell’aula del giudicio ben legati e assicurati, Pao-kung con gran voce, indirizzatosi a Cen— te, disse: «Vecchio impostore, credi tu forse che tenere in non cale la legge e la virtù5, ingannare la giustizia e disprezzare la morale, sieno cose di poco momento? Tali fatti nemmeno la morte gli espla.» — Quindi rivolgendosi alla donna: «E tu, malvagia femmina, le disse, della cui impudicizia più oramai non dubito, tu, avesti commercio con costui, e osasti ingannarmi, negandolo?»

Dipoi ordinò che si portasse la tortura e le verghe, e che si desse ai colpevoli duecento colpi per ciascuno. E dopo avere strappato dalla bocca stessa dei rei la confessione dei loro amori, li condannò ad altri cento colpi di bastone.

La giustizia avuto così il suo corso, il vecchio ritornò a casa sua; e la donna fu messa sotto la tutela del parente, che aveva portato querela ai tribunali, fino a che ella non si rimaritasse.

A questo modo fu fatta rispettare la legge, e fu punita l’offesa contro i buoni costumi e le convenienze sociali.