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326 odissea

Ed in atto ad ognor di chi saetta,
Orrendamente qua e là guatava.770
Ma il petto attraversavagli una larga
D’òr cintura terribile, su cui
Storiate vedeansi opre ammirande,
Orsi, cinghiai feroci, e leon torvi,
E pugne, e stragi, e sanguinose morti:775
Cintura, a cui l’eguale o prima, o dopo,
Non fabbricò, qual che si fosse, il mastro.
Mi sguardò, riconobbemi, e con voce
Lugubre, O, disse, di Laerte figlio,
Ulisse accorto, ed infelice a un’ora,780
Certo un crudo t’opprime avverso fato,
Qual sotto i rai del Sole anch’io sostenni.
Figliuol quantunque dell’Egïoco Giove,
Pur, soggetto vivendo ad uom, che tanto
Valea manco di me, molto io soffersi.785
Fatiche gravi ei m’addossava, e un tratto
Spedimmi a quinci trarre il can trifauce,
Che la prova di tutte a me più dura
Sembravagli; ed io venni, e quinci il cane
Trifauce trassi ripugnante indarno,790
D’Ermete col favore, e di Minerva.
Tacque, e nel più profondo Erebo scese.
     Di loco io non moveami, altri aspettando