Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/656

Da Wikisource.

libro vigesimoterzo 275

E con parole alate, Ah! non volermi,
Balia cara, deludere, rispose.45
S’ei, come narri, in sua magione alberga
Di qual guisa potè solo agli audaci
Drudi, che in folla rimaneanvi sempre,
Le ultrici far sentir mani omicide?
     Io nol vidi, nè il so, colei riprese:50
Solo il gemer di quei, ch’eran trafitti,
L’orecchio mi feria. Noi delle belle
Stanze, onde aprir non potevam le porte,
Nel fondo sedevam turbate il core;
Ed ecco a me Telemaco mandato55
Dal genitor, che mi volea. Trovai
Ulisse in piè tra i debellati Proci,
Che giacean l’un su l’altro, il pavimento
Tutto ingombrando. Oh come ratto in gioja
La tua lunga tristezza avresti volto,60
Se di polve, e di sangue asperso, e brutto,
Qual feroce leon, visto l’avessi!
Or del palagio fuor tutti in un monte
Stannosi; ed ei con solforati fuochi,
Ei, che a te m’inviò nunzia fedele,65
La nobile magion purga, e risana.
Seguimi adunque; e dopo tanti mali
Ambo schiudete alla letizia il core.