Pagina:Omero - L'Odissea (Romagnoli) I.djvu/15

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XVI PREFAZIONE

era un monte. Erodoto lo situa vicino alle colonne d’Ercole, e dice che non se ne scorge mai la sommità, perché è altissimo, e le nuvole non lo abbandonano mai, né d’estate, né d’inverno; e che gli indigeni dicono che è il pilastro del cielo.

Se ora apriamo un libro moderno d’istruzioni nautiche, vediamo che nello stretto di Gibilterra, sulla spiaggia africana, si eleva, sovrastando ad un punto d’approdo, un monte, detto delle Scimmie, che presenta due caratteristici picchi conici, l’uno vicino all’altro. Nei mesi di Luglio, Agosto, Settembre, i venti d’Est formano sulla sua cima continui strati di nubi. Ora, i navigatori antichi, che venivano solo nella buona stagione, coi venti d’Est, ne scorgevano la cima sempre perduta fra le brume, e coronata da un capitello di nubi su cui sembrava poggiasse il cielo. Fatto tanto piú strano ai loro occhi, perché si verificava proprio nei mesi d’Estate, quando nei loro paesi le cime dei monti erano sgombre di nuvole.

Ed ecco, dunque, l’origine del mito. Quello era un mostruoso gigante, confitto là da qualche potere superiore, a sostenere la volta celeste. Qualche volta, se le brume diradavano, si potevano distinguere anche i due picchi, le due mani protese a sostenere l’immane peso. Narrava Esiodo (Teogonia):

Per duro fato Atlante sostiene l’amplissimo cielo,
presso alle Espèridi, voci soavi, ai confin’ de la terra,
ritto: col capo lo regge, con l’infaticabili mani.

Ma Calipso? — Interroghiamo anche qui il nome. Kalypsó — è etimologia elementare — viene da kalypto, nascondo, e vorrà dire, su per giú, la Nascosta. Ora, ai pie’ del Monte delle Scimmie, e proprio alla base della cima piú alta, è l’isoletta