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PREFAZIONE XXXI

                                                            ove i carri
alla città, dalle cime dei monti, recavano legna.

Anche oggi, per questa costa, dalle foreste di Tempio scendono i carri carichi di legna; che ancora poco tempo addietro avevano le ruote intere, erano ciclopici1.

Circe. Siamo cosí giunti all’episodio di Circe. Circe, secondo Omero, abita nell’isola Eèa (Aiaie), dove sono la casa e le danze d’Aurora e il sorgere del Sole. Cioè, senza sofisticar troppo, in una terra dietro alla quale i navigatori vedevano sempre sorgere il sole. E c’è un porto sicuro, una scoscesa vedetta di rupi, macchie e boschi fittissimi, valli selvose, ampie strade. Quale sarà questo paese?

Anche qui ci guida il nome. Ci guida al promontorio Circeo, dove infatti, fin dai tempi antichi, la leggenda poneva il palazzo di Circe2.

Se non che, il Circeo è un promontorio, e Omero parla di un’isola. Ma la difficoltà, grave a prima vista, subito si risolve se badiamo alla reale configurazione del paese. Lungo il mare, da Astura a Terracina, per un centinaio di chilometri, una catena di dune orla il mare, una successione di lagune e paludi costeggia la duna, una striscia di foreste e macchioni

  1. Lamarmora, op. cit., II, 45-46.
  2. Non è questo solo. L’isola di Circe è delta da Omero Αἰαίη. Ai-Ai-a vuol dire in ebraico isola dello sparviero e κίρκος in greco vale anche sparviere. Sulla medesima costa abbiamo poi Astura (astore), Caieta (l’aquila: αἰητής) Vulturnus (il vulture). È una sola famiglia onomastica, marinaresca. Veduti dal mare, questi promontorî davano idea di grandi uccellacci appollaiali sulla costa.