Pagina:Opere (Chiabrera).djvu/52

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del chiabrera 39

Solo quaggiù l’inevitabil messe
     Virtù volando imperiosa scherne;
     E questo avvien, perchè le Muse eterne
     Negar non sanno alle virtù sè stesse.
120Nè creder unqua, o de’ Latini alteri
     Alto ornamento in sulle rive al Tebro,
     E chiaro in ostro sulle rive all’Ebro,
     Alto conforto de’ possenti Iberi.
Non creder unqua, che l’amabil Clio
     125Su lira armonïosa arco percota,
     O dal musico sen sparga una nota,
     Se alto merto onorar non ha desìo.
Ben Cigno lusinghier, perchè s’asperga
     Ricca viltà di mercenario vanto,
     130Gorgogliando talor si sforza al canto,
     Ma non greggia sì vil Parnaso alberga.
Agli avi tuoi, che di sudor la fronte
     Almo cospersi l’alma Italia ornaro,
     Lor concento immortal tutte sacraro
     135L’inclite Dee dell’Eliconio fonte.
Quinci torbido obblio nube non spira,
     Che pur osi appressargli; Alpe, Pirene,
     Il Tago, e l’Istro, l’Africane arene,
     Eufrate, Gange i sì gran nomi ammira.
140Ma gl’Italici cor del sangue egregio,
     Qual di supremo onor, vantansi appieno;
     Or tu che volgi nel tuo nobil seno
     De’ tuoi pensando al celebrato pregio?
Pensi, che a’ raggi dell’altrui splendore
     145Non degna rischiararsi altero ingegno;
     Però rivolto della gloria al segno,
     Sferza ti fai del singolar valore.
Certo, se contra ingiurïosi ed empi
     Eri scelto a vibrar ferro lucente
     150Svegliar poteanti, ed agitar la mente
     Con lungo grido i Colonnesi esempi.
Ma quando Pace incomparabil Dea,
     La mansueta man t’armò d’uliva,
     Perchè fermassi, mentre al Ciel sen giva,
     155Schifa del mondo rio, la bella Astrea.
Prendi a mirar, come dell’ôr l’etate
     Prospero addusse a’ Milanesi, e come
     Napoli di Pompeo corona il nome,
     Per cui trasse non meno auree giornate.
160Nè dal saldo pensier ti si scompagne,
     Che disgombrando nembi atri e funesti
     Il tuo gran genitor grazie celesti
     Piover facea sopra l’Etnee campagne.
A buon nipote è il gran valor degli avi
     165Stimolo acuto; or te medesmo avanza;
     Adempi d’Aragon l’alta speranza
     Col tesor di virtude ond’hai le chiavi.
Fin qui la bella Clio per tua memoria
     Sopra cetera umil vuol ch’io ragioni;
     170Ma da quest’ora innanzi alteri suoni
     Servi farà della tua nobil gloria.

LVII

A D. CESARE D’ESTE

Che di buon grado renda lo Stato di Ferrara
a Santa Chiesa.

Tutti gli uman desiri
     Par che alletti il fulgor della ricchezza,
     E gli aurei seggi e la reale altezza
     Non è chi non ammiri.
     5Certo dar vita e morte,
     Abbassar gli alti e sollevare i bassi,
     E porre legge altrui, par che trapassi
     Grado d’umana sorte:
     Negar nol so, ma non per tanto è vero,
     10Che dee veder suo fin ciascuno Impero.
E quinci in cose frali
     Spirto di cor quaggiù ben consigliato
     Non fonda sua speranza, essendo ei nato
     Per l’alme, ed immortali;
     15Or qual voce d’inferno
     Sospinge a travagliar la tua virtude,
     Per un regno caduco, il qual t’esclude
     Dal posseder l’eterno?
     E ponti in guerra, ove il primiero acquisto
     20Fia ribellarti al seggio alto di Cristo?
Dunque udire e mirare
     Per te potrassi spaventosi esempi,
     Tacer le squille, e ne i sacrati Tempi
     Non ornarsi un’altare?
     25Fian muti i sacerdoti,
     Ne di begl’inni ascolterassi il suono?
     E non avran cui dimandar perdono
     I popoli divoti?
     E per un tuo diletto a’ tuoi fedeli
     30Con forte chiave fian serrati i Cieli?
Non è petto cristiano
Che tra’ guerrier veraci altier non vada,
     Se vibrò l’asta, o s’impugnò la spada
     A pro del Vaticano;
     35E sol pregiossi in guerra
     Il buon Rinaldo tuo, quando fe’ rossa
     Ad onta del terribil Barbarossa,
     Tutta l’insubra Terra;
     Movi dunque a calcar quell’orme istesse,
     40Da sì grand’avo a vostra gloria impresse.
Dirai: là ’ve comandi
     Porre altrui di tua man viltà rassembra;
     Questo dire è vulgar, ma ti rimembra,
     Come adopraro i Grandi.
     45Poichè innalzò trofeo,
     E colse palme in sull’ostil terreno,
     Della vinta provincia al Rege Armeno
     Fu liberal Pompeo.
     Se i reami donò già fatti sui,
     50Perchè oggi tu non renderai l’altrui?
Nè, se ciò fia, la gente
     Intorno ti vedrà povera vesta
     Anzi pur ti riman corona in testa
     Di gran tesor lucente;
     55E se ti fidi a Marte,
     Perdendo perder puoi quanto possiedi,
     E poi vincendo tu medesmo vedi,
     Che sol vinci una parte,