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La Principessa di Pimpirimpara 73

garbugliarmi in quella matassa di stùpide convenzioni sociali più geroglìfiche dei due bottoni che i sarti cucìscono dietro ai soprabiti c* càusa della maggior parte delle nostre pìccole miserie.... Dio ! quante pene io soffersi per esse. Tra le altre : 1.° I n terrìbile mal au cocur, avendo, come me lo si offriva, accettato e stretto Fra i denti con disinvoltura un lungo zìgaro di Virginia — acceso. 2.° I na spellala di gola e due giorni di letto, regalatimi da un tortissimo punch, da me coraggiosamente ordinato, in cambio dell’abituale aqua aranciata, trovandomi in un caffè con mio cugino '1 iberio. capitano di cavallerìa e vero imbuto di uhi sa. Infine ; i mille ed uno fastidi pel cangiamento di voce. Vi accennerò solo a quel dì in cui, entrato nella sala dove sedeva zia Maria con la signora Buglioni e la figliuola di questa — la quale, i miei compagni, avèa no erroneamente per una mia fiamma — avvisando di ilare il buon giorno, m’inviài su1 n tuono, cupo, profondo, e finii con uno sì acuto, con una stonatura tale che Dora si porlo il fazzoletto alla bocca ed io mi morsi le labbra. Ma la cosa sulla (piale mi preme condurre, più che su ogni altra, la vostra attenzione, come quella che apre la ragionìssima del presente racconto, è il completo riversamento nel mio naturale, ('erto, molti di coloro che mi conóbbero spensierato fanciullo, vivendo giorno per giorno, allegro come uno scrìcciolo, me ne vorranno forse, perchè io mi ri presenti serio. riflessivo, alle volte triste, ma, oltre che i fatti son fatti, avverto come il modificarsi, il mutare de’ gusli sia inerente a ir uomo, anzi, secondo me, costituisca uno de’ suoi principali