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La Principessa di Pimpirimpara |
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garbugliarmi in quella matassa di stùpide convenzioni sociali più geroglìfiche dei due bottoni che i sarti cucìscono dietro ai soprabiti
c* càusa della maggior parte delle nostre pìccole miserie.... Dio ! quante pene io soffersi per
esse. Tra le altre :
1.° I n terrìbile mal au cocur, avendo, come
me lo si offriva, accettato e stretto Fra i denti
con disinvoltura un lungo zìgaro di Virginia
— acceso.
2.° I na spellala di gola e due giorni di
letto, regalatimi da un tortissimo punch, da
me coraggiosamente ordinato, in cambio dell’abituale aqua aranciata, trovandomi in un caffè con mio cugino '1 iberio. capitano di cavallerìa e vero imbuto di uhi sa.
Infine ; i mille ed uno fastidi pel cangiamento di voce. Vi accennerò solo a quel dì
in cui, entrato nella sala dove sedeva zia Maria
con la signora Buglioni e la figliuola di questa — la quale, i miei compagni, avèa no erroneamente per una mia fiamma — avvisando
di ilare il buon giorno, m’inviài su1 n tuono,
cupo, profondo, e finii con uno sì acuto, con
una stonatura tale che Dora si porlo il fazzoletto alla bocca ed io mi morsi le labbra.
Ma la cosa sulla (piale mi preme condurre,
più che su ogni altra, la vostra attenzione,
come quella che apre la ragionìssima del presente racconto, è il completo riversamento nel
mio naturale, ('erto, molti di coloro che mi
conóbbero spensierato fanciullo, vivendo giorno per giorno, allegro come uno scrìcciolo, me
ne vorranno forse, perchè io mi ri presenti serio. riflessivo, alle volte triste, ma, oltre che
i fatti son fatti, avverto come il modificarsi,
il mutare de’ gusli sia inerente a ir uomo, anzi,
secondo me, costituisca uno de’ suoi principali