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156 vita di alberto pisani

gono prudentemente le orìgini antiche di molte e molte nobilissime case Vitro che drogherìa !... E quelle due appresso ai Del-Bò ? sembrano bàmbole, n’è ? — Bravo ■ sono quello che sembrano. Boba da gioco, e da buttare poi via. Un magazzino alfingrosso e al minuto. Xe vuoi ? — No, grazie. Di* ancora. Chi è quella.... quella.... — (e qui Alberlo, che voleva accennare alla dama in vellulo, tra la vaghezza di udirne e la paura di udirne a dir male, titubò) — quella signora.... bellina.... in quel palco a diritta, presso la porta di mezzo. — Fiorelli mirò il cannocchiale vèr lei. Alberlo azzitti, e attese con batticuore. — Diàvolo ! — Enrico esclamò, maravigliando di sè. — Non conosco.... — E conosci mezza città? — chiese Alberto 1111 po’ in broncio. — Ma non l'altra — oppose Eiorelli e, tornando a guardare : — magnìfica donna, per mìo ! Vado a informarmi di lei. — Dove ? — Là ; nella corsìa che mena alle stalle ; da colui che discorre coi cavallerizzi ; non quello in sopràbito grigio ; l’altro, il nero di barba, pàllido.... — Anzi, verde — osservò Alberto. — Chi è ? — Un mio amico; il marchese Lolleringo Andato ; suppergiù, un buon ragazzo. Già li dissi, credo. — Difatti, sì. Uberto si risovvenne che gliel avèa- 110 pinlo per uno, che nelle più furiose dissolutezze si era infrollilo ànima e corpo. 'Ora. usato di troppo alle sensuali emozioni e troppo alle morali non-uso per riuscirne a godere, vivea tanto da méttere un giorno sull’allro ; giorni tediosi, di una pesantezza di piombo.