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190 vita di alberto pisani

strava, al pari di quello, un aspetto deserto ; le pareli, nude ; i calcinacci, per terra ; non una sedia ; vi sobbalzava quindi allo sguardo un assone con due cavalietti a sostegno. Là il bucatino del mago, là il taglio della sua ùltima veste. E a dire che (pie7 cavalletti e quelTasse venivano da un palco-scènico ! da un teatruccio già nella medésima sala ! — Qui — disse la vecchia con una stilla di fiele — al tempo dei tempi, prima che il suo signore prozìo comperasse la casa, era la società dei Burloni ! — e sospirò. Poverina ! Ella, che ora, tutta naso e bazza, rappresentava per forza la parte di strega, una volta, fresca e pienotta, lì avea recitato le vispe di eresiaina e servetta ! Oh dove quella platea a lei sorridente e che applaudiva? oh dove quel capo-ameno di suggeritore, il quale, ammiccando e facendo le moc- che, cercava, ma invano, di smarrirle il contegno? e, infine, dove il suo Antonio, il gióvane biondo dal mazzolino di rose, che dalle quinte miràvala con batticuore ? Paolino, nel mentre, fedele al suo ullicio, avea sbarralo una porta : — Oh che riso e fagioli ! — esclamò. — Venga a vedere. — Alberlo venne. E vide una stanzettina con tutta quella bizzarra e sospettosa parvenza, che una collezione di bielle, pairòli, caldari, fiaschi, pirotte, non della sòlita forma, dà ; e che, più d’ogni altro, dànno e le storte e i lambicchi, fossero pure stillando del tamarindo, del vigliacchissimo tamarindo. Ma è sempre la medésima storia ; f ortis imagi natio generai casum; un lavativo a sistema fjguisier, e anche non- Éguisicr, può, tra il chiaro ed il bujo, con la sua sola fisionomìa, togliere il fiato ; ed io conosco un brav’uomo, che, in mezzo a una sira¬