Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/270

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Odio amoroso 239 folla di suoni gli mormoravano un nome.... tremò. Lo sbigottiva il suo stato, ch’egli non avea osato nuii di segnarsi a netti contorni e che non mai in altrui a\rebbe pur sospettato. No; queste non si poteva — non si «dovea» cioè; era d’uopo un nome diverso; qualunque. E cercò spasimando.... Ah! ecco.... Emilio Folperti.... Kppure! no. Imaginatc in costui un fittàbil del suo, che il mèdico avea un giorno condotto in casa An- giolieri; un gióvane bello sì, ma bello e nient’al- tro >. Il quale Folperti, sera creduto d’ingraziarsi il fratello, lodando a lui la sorella, e Leopoldo — gentilmente villano — avèagli chiuso, prima la bocca, poi la porta sul viso; dopo, se n’era affatto scordato. Ma adesso, creatoselo appena a «rivale», Leopoldo 11011 lo potè più soffrire, non gli parve più il mondo, \ asto per tutti e due abbastanza.... o runo o l’altro.... lì ci volea una soddisfazione.... Soddisfazione? e di die?... E se il Folperti gliel’avesse accordata con lo sposare « colei ? » Ben seguitava a susurrargli il buon senso «come vuoi ch’ella ami una sì fàtua cosa a bellezza ed a senno?» Ma saltò su adire il sofisma «non si adoràrono stàtue? non si adoràrono mostri? non si b a c i à r o n cadàveri ?... » e Leopoldo, sospinto da geloso furore, schiuse di botta salda la porta, e fe’ il corritojo, lungo, che divideva le sue dalle stanze di lei. VI. Era notte; e, nelle càmere d’Ines, niun lume, ma le finestre aperte, sì che il raggio lunare e la brezza entravano a loro piacere. Leopoldo passò le due prime. E, nella seguente, era Ines, sur il poggiolo che rispondeva al giardino, seduta, e reclinando la testa all'indietro contro della persiana, gli occhi velati, semichiuse le labbra, in quell’abbandono di quasi- tlelìquio, che inonda chi pianse molto e molto si dispelò. Piovendole attorno, la luna ora piangeva per lei. Leopoldo riste’ a contemplarla un istante. Ed ella