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306 GOCCIE D'INCHIOSTRO


minavano, cacciavasi poco fuor dal villaggio, in una boscaglia. Ivi, da una banda e l'altra della strada, si rizzavano altissimi gli abeti, dalla corteccia grigiastra qua e là macchiata, ora dai pàllidi licheni, ora dal tetro musco, e che, dopo di èssersi strettamente abbracciati a fior di terra nelle radici contorto a mo' di serpenti, in alto rintrecciàvano i frondosi rami sì da foggiare sui viatori un incantévole pergolato, negli squarci del quale splendeva un ciel di zaffiro e di cui, al basso, disegnata dai raggi del sole, tremolava la ombrìa. Alla sinistra della salita — cioè dalla parlo che toccava il monte — vedevansi sull' erta costa, fra gli àlberi immani macigni, alcuni pesantemente appoggiati a tronchi che piegàvano, ma cedevano punto, altri interrati, altri ancora divisi in due con un taglio più netto di quello che la Durindana di Orlando potesse — tutti però ooperti al sommo da una porracina di velluto e chiazzati di larghe macchie rossastre, tutti lambiti da un filo di aqua, chiaro, fresco, elio sussurrando correva nel suo pìccolo letto di polve quarzosa : invece, dall’altro lato del cammino — ove il terreno dopo di èssere gravemente sceso per tre o quattro scaglioni, colto da un folle ardore, rìpido si abbassava in un pratello smagliante che, giù a tomboli finiva coll'arrestarsi di botto dinanzi al vuoto di un - precipizio — ci si presentava alla veduta il paesaggio del di là del fiumetto, spezzato in un sèguito di quadri, gareggianti in bellezza, e col frascato a cornice. Sotto le verdeggianti volte si aspirava poi quell'acuto sentore dell'ùmido legno che, come l’altro del fieno tagliato, scuote lauto piacevolmente i sensi. Ivi la plàcida, la fina, la dolcissima sinfonìa d'idillio che la natura pe’ suòi