Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/377

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344 G0CC1E D’iNCIIIOSTKO la sera prima. Egli saliva con tanto di mantel- laccio, cappellaccio, pipaccia. Ed io gli aveva ceduto la dritta prodigalmenle. Il clic egli credendo un mio riguardo per lui, menlr’era solo per me, m’avèa, in passando, falto una gran scappellata. Ora, eccolo lì, impalalo tra i sostegni del muro, in gibus e coda, nero e lugubre come un becchino. Regnava la mutolità. E come mai tanta genie avèa potuto riunirsi a far brulla mostra di mancanza di spirilo ? avèa potuto ficcarsi in vesti e modi non suoi ? Se a mascherarsi, non c’èrano forse abbigliamenti più allegri ? E chi diàvolo poi li obbligava a divertirsi così sottovoce, con cera così malcontenta? ad ingozzare — ingrati al sole italiano — certe bieche bevande, peggio chc aqua, aque? O è divertirsi questo? Viva allora la noja ! E mi saltava una malia voglia di gridar loro «o voi, che le patate alimentarono e attèndono, o voi riuniti a far Quarésima in Carnevale !... ma quà si propagò per la sala un zittìo. 11 pianoforte echeggiò ! Ed un filo di donna, in piedi accanto il maestro, sbarrava una bocca, chc prego Dio di non incontrare a pranzo, emettendo uno strillo (ecco un felice aggettivo e per chi scrive e chi legge) indescrivìbile. Mò bastava, ti pare ? sì ch’io me la filmài bellamente. E ripassando presso la porta di scala, udii la fantesca, chc ad uno il quale avèa bussato (uno, probabilmente, degli eleganti invitati) cliicdeii. prima di aprire sospettosa, «chi sei?»