Pagina:Opere (Dossi) II.djvu/32

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“Reclame.„ e sfoggio di carità 11

menti, dà mille lire agli orbi (per gratitùdine forse) non carità, è réclame; e se quell’odiato incettatore di grani dischiude alla plebe affamata, che li creò, i gràvidi suoi magazzini, non carità, è paura. Ben mille gióvani han proferito il pietosissimo ad infelici famiglie, ma in quelle famiglie èran labbra, che ciò dovèano loro; ben mille vecchi hanno soccorso le pericolanti.... a pericolare seco. Nè i tuoi ventuno quattrini, o donna Fabia Fabroni de’ Fabriani, ti hanno certo aqiustato una propria sediuccia all’areibeata arci-orrìbile noia del Paradiso, nè le pelose tue cure, o nipote, al ricco antiquissimo zio, ti valsero tjgv t/j; avvEiS/i’jEw; aov. Scnoildlè, morto è lo zio! oh alfine!... ed èccone eredi.... i pòveri. Quintessenziata malvagità! fu solo per fraudare la nipote.

Mercatanti nel Tempio, tutti.

Tutti, e voi anche compresi, che fate la carità come a gettar via i coriàndoli, non tanto perchè altri riceva, quanto per dare; e voi, che dii te sì il pane, ma pane lungamente implorato o buttandolo in faccia; e voi, malfattori per ignoranza, che sgombrate agli idioti il mistero dell’ alfabeto, affine di sprofondarli coi manuali di filotea in una peggiore idiotàggine; o i morti vestite, sepelite gl’infermi e visitate gl’ignudi; e voi, lìberi muratori (che non edificate mai niente) dall' amor-privilegio; e voi, pie amministrazioni, dall’amore ex officio, freddo, protocollato e bollato, che poco rimedia, nulla previene e pròvoca molto; voi infine, che, immèmori dell’Evangelio,