Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/149

Da Wikisource.

intorno la vita e le opere di luciano. 141


religione.

LXXIX. Opere satiriche. Quando leggi il Prometeo di Luciano naturalmente ti viene a memoria il Prometeo di Eschilo: ambedue cominciano quasi nel modo stesso, ma quanto sono lontani e diversi tra loro! L’uno fu scritto al tempo che vivevano i giganti di Maratona, ed è opera gigantesca: l’altro fu scritto al tempo dei sofisti, ed è una diceria sofistica. Eschilo in quel Titano sapiente e magnanimo rappresenta la persona della intelligenza umana che soffre per aver fatto il bene, e nel suo sofferire è più grande di Giove fortunato e potente: quindi il bene che Prometeo ha fatto, ed il dolore che egli soffre sono le due grandi idee che il poeta mostra e spiega largamente: le accuse che gli si danno, ed il pretesto pel quale egli è fatto sofferire, essendo cagioni lievi e false, sono accennate leggermente. Quel grande patisce ingiustizia, e non discute, ma tace. Luciano per contrario si appiglia appunto a quel pretesto, a quelle accuse, a quelle colorate cagioni, e ne dimostra la falsità e la sciocchezza: egli tocca poco del bene fatto da Prometeo, e niente del dolore di quel magnanimo; il quale non è più quel subhme sapiente che non si abbassa a dire neppure un ahi innanzi ai suoi tormentatori, che rifiuta ogni intercessione d’amici, che non cessa di beneficare, consigliare, e confortare di speranze gli altri sventurati come lui perseguitati dall’ira dei potenti, che disprezza e ributta chi gli consiglia una viltà, che sfida impavido tutta l’ira ed il furore del cielo; ma è divenuto un sofista linguacciuto e pettegolo, che vuol contare le sue ragioni al bargello, e non potendo dimenticare i piati e i tribunali, fa giudici ed accusatori i birri, ed ei sciorina la diceria della