Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/158

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150 intorno la vita e le opere di luciano.

i Cristiani nel secondo secolo erano ancora pochi, deboli, poveri, ed umili. Luciano nel Peregrino ne parla come di gente fanatica ma bonaria, amorevole, ignorante, facile ad essere abusata da ogni scaltro impostore, non già nemici pubblici, ed uomini abbominandi come qui sono chiamati. Quell’asprezza dimostra che i Cristiani erano già potenti, ed avevano fieri nemici. Lo scrittore trova un leggiero appicco per parlare ancora con molto disprezzo degli Dei del paganesimo: nel che vedesi un tempo, in cui il Cristianesimo, perchè potente, era odiato, ed il paganesimo, perchè cadente, era disprezzato; e vedesi un uomo che è un sofista saccente, che non vuole lasciare occasione di sfoggiare erudizione, che dimostra il dimostrato, e dà la pinta al caduto. Questo saccente non cristiano nè pagano, che non riconosce nè adora altro che l’Ignoto Dio che è in Atene, è un cortigiano che vuole adular Giuliano tenero di Atene. Se il vecchio Luciano ributtava il cristianesimo e il paganesimo, adorava egli un Dio ignoto? Se ne sarebbe riso. E se il concetto di questo dialogo non può appartenere a Luciano nè al suo tempo, la forma di esso è anche lontana da lui, e dal suo tempo. Quell’uscire a parlar degli Dei senza un perchè, e passarli a rassegna ad uno ad uno dicendone delle freddure o delle sozzure; quei tanti versi male infarciti e rimpinzati; quelle sozze corregge che mettono Borea su la Propontide, sono sciocchezze e sporchezze tali che non possono comportarsi in un’opera d’arte. E lo stile è cosi povero d’idee, ed intralciato, e rabbuiato; così frequente è il vezzo di non dir mai le cose con le parole proprie e semplici, ma andare cercando con lo spilletto le più strane; così torbida e fecciosa è la lingua, che tosto si vede lo scritto non essere opera di gentile ingegno. I Cristiani sennati non si scandalezzeranno a leggerlo, perchè il