Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/197

Da Wikisource.

nigrino. 189

mia attenta o desiosa, non ti so spiegare ciò che sentivo: era un rimescolamento di pensieri e di affetti: ora mi dispiacova di udir disprezzare cose a me carissime, le ricchezze, le grandezze, la gloria, e quasi piangeva su gli strapazzi che egli ne faceva: ed ora quelle stesse cose mi parevano vili e spregevoli, e mi rallegravo come se, vissuto per l’innanzi in un aere tenebroso, venissi a riguardare il sereno ed una gran luce. Onde (e questa e più nuova), mi dimenticai dell’occhio e del male, ed in breve acquistai acutissima la vista dell’anima, che fino allora era stata cieca, ed io non me n’ero accorto. E così finalmente son divenuto quale tu testè mi chiamavi: sì, son superbo e fiero per quel ragionamento, e più non m’abbasso a piccoli e vili pensieri. Perciocchè mi pare che in me la filosofia abbia fatto ciò che fa il vino agl’Indiani quando lo bevono la prima volta: che quelle calde nature, bevendo così poderosa bevanda, danno subito in delirio, e a doppio degli altri uomini impazziscono. Così io men vo tutto invasato ed ebbro di quei discorsi.

L’Amico. Non è ebbrezza cotesta, ma sobrietà e saggezza. Tu mi hai messa una gran voglia di ascoltare da te quei discorsi. Oh, non dirmi di no: chi vuole udirli t’è amico, ed ama gli stessi studi.

Luciano. Non dubitare, o amico: tu sproni chi s’affretta, come dice Omero: se tu non mi avessi prevenuto, io ti avrei pregato di udirmeli contare. Io voglio che tu mi sia testimone innanzi alla gente che non senza ragione io ne son matto: ed anche ho un gran diletto a ricordarmene spesso e meditarvi sopra, come facevo testè: che quando non ho con chi parlarne, tra me stesso li rumino due e tre volte il dì. E come gli amanti, lontani dalla persona amata, ricordano certe azioni, e certi discorsi tenuti insieme, e di questi pascendosi ingannano la loro passione; e talvolta, come se fosse presente l’amor loro, credono di parlargli, si piacciono di riudirne le risposte che già ne udirono, ed hanno l’anima così piena di queste memorie che non si addolorano d’altro male presente; così anch’io lontano dalla filosofia, raccogliendo e rivolgendo tra me stesso le parole che udii, ho un grande conforto. In somma io, come traportato per un pelago in buia notte,