Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/200

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molto migliore che non era venuto, stato così corretto dal popolo. Per dimostrarmi poi come non si vergognano di confessare che ei son poveri, ricordava di una parola che egli udì dire da tutti gli spettatori nei giuochi delle Panatenee. Preso un cittadino e menato all’agonoteta, perchè assisteva allo spettacolo avendo indosso un mantello colorato, tutti gli spettatori n’ebbero pietà e pregavano per lui: e quando il banditore pubblicò che colui aveva trasgredito alle leggi essendo in quella veste allo spettacolo, gridarono ad una voce tutti, come se si fossero indettati, doverglisi perdonare, se era vestito così, perchè non aveva altro. Queste cose egli lodava, e la libertà, la sicurezza, il silenzio, e la pace che sempre si gode tra essi: e mi dimostrava che questa maniera di vita è conforme alla filosofia, serba i costumi puri, e per un uomo di studi che sa sprezzare ricchezza e vuol vivere onestamente secondo natura, è molto accomodata. Chi poi ama la ricchezza, e si lascia abbagliare dall’oro, e misura la felicità dalla porpora e dalla potenza, senza aver mai gustato libertà, nè conosciuto franchezza di parlare, nè veduto verità, e fu allevato tra adulazione e servitù; chi va perduto dietro la voluttà, e non cerca, non adora altro che squisiti desinari, e bere, e lascivie, ed è pieno di furfanterie, di lacciuoli, di bugie; chi si piace di udire continui suoni e canti lascivi, a costoro ben conviene la vita che si mena in Roma. Quivi tutte le vie e tutte le piazze son piene di cose ad essi carissime; per tutti i sensi entra la voluttà, e per gli occhi, e per le orecchie, e per il naso; e con tutti i solletichi della gola e della lascivia: è un fiume continuo che si dilarga per ogni dove, e nella sua torbida corrente mena l’adulterio, l’avarizia, lo spergiuro, e simili lordure; inonda tutta l’anima, ne porta via il pudore, la virtù, la giustizia, e nel luogo che in essa rimane vuoto ed arido, crescono molte e fiere passioni.

Cosiffatta egli mi dipinse la città e di tanti beni maestra, e soggiunse: Quand’io la prima volta tornai dalla Grecia, avvicinandomi a questa città, sostai, e dimandai a me stesso, perchè ci ritornavo, dicendo quelle parole d’Omero:

          O sfortunato, perchè lasci il caro
          Lume del sole,