Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/201

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nigrino. 193

la Grecia, con quella cara felicità e libertà, e vieni qui a vedere tanto tumulto, e calunnie, e superbe salutazioni, e banchetti, e adulatori, e sicari, ed aspettazioni di eredità, ed amicizie infinte? Che hai risoluto di fare, non potendo nè fuggire, nè adattarti a questi costumi? Così ripensando, e, come Ettore aiutato da Giove, ritraendomi fuori il tiro dei dardi,

          Dalla strage, dal sangue, e dalla mischia,

deliberai di rimanermene in casa pel resto de’ miei giorni; e sceltami questa vita, che a molti pare timida e molle, io mi sto a ragionare con la filosofia, con Platone, con la verità. E messomi qui, come in un teatro d’innumerevoli persone, io dall’alto riguardo le cose che avvengono, delle quali alcune mi danno spasso e riso, ed alcune ancora mi provano qual uomo è veramente forte. Se dei vizi si può dir qualche lode, non credere che si possa meglio esercitar la virtù, e provar meglio la saldezza dell’anima, che in questa città, e nella vita che qui si mena. Non è piccola cosa contrastare a tante passioni, a tante voluttà che per la vista e per l’udito ti attirano da ogni parte, e ti combattono: e si deve, come Ulisse, passar oltre, non con le mani legate, che saria viltà, nè con le orecchie turate con cera, ma sciolto, udendo tutto, e con animo veramente superiore. Ben si può ammirare la filosofia paragonandola a tanta stoltezza, e spregiare i beni della fortuna guardando, quasi in una scena o in un dramma di moltissime persone, chi di servo diventa padrone, chi di ricco povero, chi di povero satrapo o re, chi entra in grazia, chi cade in disgrazia, chi va in esiglio. E il più strano è, che quantunque fortuna dimostri col fatto che ella si prende giuoco delle cose umane, e dica chiaro che nessuna di queste è stabile, pure a queste riguardano sempre tutti, anelano alla ricchezza ed al potere, e si pascono di speranze che non si avverano mai. Ti ho detto che di alcune cose posso ridere e spassarmi: ora ti dirò di quali. Come non ridere di quei ricchi che pompeggiandosi sciorinano la porpora, allungano le dita cariche di anella, e mostrano la loro grande vanità? E che stranezza è quella di salutar le persone con la voce altrui, credendo di far cortesia a degnarle solo d’uno sguardo? E i più superbi si fanno anche adorare, non da lungi,