Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/61

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intorno la vita e le opere di luciano. 53

me mi fa tornare in patria, con che fama, con che onore, con che ricchezze, con questo bel robone indosso, e divenuto altro che scultore. Il retore adunque era sozzamente e bassamente scettico: e Luciano benchè retore, pure essendo nato artista, si sollevò di quella sozzura, sentì un altro Dio presente ed immanente in lui, e rimanendo scettico adorò la bellezza. Benchè dalla rettorica avesse avuto assai di quello che essa poteva dargli, cioè ricchezze e fama, pure egli non potè contentarsi, la dipinse come donna impudica e sfacciata, la lasciò per verecondia, e cercò qualche cosa più composta e ornata e vera.

XXIX. Nelle scuole di rettorica gli esempi della più alta eloquenza che si proponeva ai giovani erano specialmente due, Demostene e Platone: ed entrambi si studiavano per la forma. È naturale che un retore dovesse pregiare Platone più di tutti i filosofi, come il più eloquente, ed avente quei pregi che egli poteva meglio intendere: perocchè il nudo rigore delle dottrine di Aristotele, l’ispida dialettica degli stoici, la volgarità dei cinici, e l’epicureismo tutto sperimentale, non potevano gran fatto piacere ad uno educato nelle opere del bello. Ed è naturale ancora che un retore di qualche ingegno volesse penetrare più dentro della forma nelle opere del filosofo, e considerare anche la materia. Ora questo appunto potè avvenire a Luciano, che da giovane doveva avere Platone in grandissimo concetto, come si vede nel Nigrino, opera piena di fede e di affetto giovanile, e come si scorge chiaro in molte sue opere, dove, sia per celia, sia davvero, riferisce assai spesso le sentenze di quel filosofo, dal quale tolse molta vena di atticismo, e la forma del dialogo. Spiaciutagli la vana ed interessata rettorica, attese alla filosofia, alla quale io penso che ei si diede allettato dalle opere di Platone; ma non fu e non poteva essere filosofo per la