Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/63

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intorno la vita e le opere di luciano. 55

i comuni epicurei, ma la bellezza. Così mi spiego perchè egli loda spesso Epicuro, il cui principio egli nobilitò e rendette artistico. Per sua natura egli non poteva esser filosofo, nè seguire alcuna setta: e per la condizione in cui era la filosofia egli doveva deriderla tutta quanta, perocchè essa non bastava più a quel tempo, era diventata un’astrazione sterile, era fuori della vita, e tutti sentivano che ella era impotente a fare alcun bene e a ritrovare alcun vero. Il Cristianesimo che venne indi a poco è una chiara pruova che il sentimento generale era giusto, e che Luciano aveva ragione di deriderla.

XXX. Luciano fu scettico non come retore, nè come filosofo, ma come artista. In un secolo dubitante di religione e di sapere, la bellezza non era viva: e quelle anime che nascevano impresse da lei, ed a lei tendenti, la vagheggiavano nella natura esterna, o nelle opere degli antichi: quindi Oppiano coi suoi poemi della Caccia e della Pesca; quindi i Comenti agli scrittori antichi, e i faticosi studi dei grammatici. Queste due specie di bellezze, l’una materiale, l’altra morta, non potevano avere che mediocri pittori: un pittore grande come poteva mirare e dipingere esteticamente quel secolo che era lordo di tutte le brutture? Perseo non poteva mirare in viso Medusa senza diventar pietra; ma Pallade Minerva gli diede lo scudo brunito e lucente, nel quale egli riguardando la Gorgone potè compiere la sua impresa. Così Luciano riguardando il male presente in uno specchio ideale, dipinge la bellezza. Ma dov’era questa bellezza, se il secolo era sì brutto? Era nell’anima sua, ed egli rappresenta l’anima sua in mezzo alle sozzure del suo secolo: o per meglio dire egli sa ravvisare la bellezza che è nell’anima umana quantunque contaminata, egli sa raccogliere la luce che cade sopra una pozzanghera,