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di Alessandro per la guerra, e come, mentre ama Rossane, non si dimentica delle armi. E questo fu un quadro veramente nuziale, perchè conchiuse il maritaggio fra Aezione e la figliuola di Prossenide; le nozze del pittore furono un fuordopera di quelle d’Alessandro. Il re gli fece da paraninfo; e premio delle nozze dipinte furono le nozze vere.

Erodoto adunque (per ritornare a lui) credette bastare l’adunanza d’Olimpia a fare ammirare dai Greci uno storico, che narrasse, come egli fece, le greche vittorie. Ed io, deh! per Giove protettore dell’amicizia, non mi tenete per pazzo, nè che io voglia paragonare le mie baie con gli scritti di quel valente uomo, io vi dico che a me è incontrato un caso simile al suo. Quando la prima volta arrivai in Macedonia, pensavo tra me che cosa dovessi fare; ed avevo lo stesso desiderio di farmi conoscere, e dar saggio di me a moltissimi dei Macedoni. Viaggiare un anno, e trattenermi alquanto in ciascuna città non mi parve cosa facile: ma se aspettassi questa vostra adunanza, e mi presentassi a leggervi un mio discorso, i’ potrei così venire a capo del mio disegno. Ora eccovi qui raccolti quanti siete il fiore d’ogni città ed il senno di tutti i Macedoni, ed in una città nobilissima, altro che Pisa con quelle viuzze strette, quelle tende, quelle baracche, e quel caldo che ti soffoca. Qui non è convenuta un’accozzaglia di gente d’ogni risma, vaga soltanto dello spettacolo degli atleti, e che ascolta Erodoto per non avere che fare; ma retori, storici, sofisti specchiatissimi: onde la condizione mia non mi pare molto inferiore a quella degli Olimpionici. Se voi vorrete paragonar me ad un Polidamante, ad un Glauco, ad un Milone, certamente mi terrete un audace temerario: ma se dimenticandovi affatto di quelli, riguarderete me solo come io son fatto, forse non vi parrò di meritare le frustate, perchè mi son messo a questo gran cimento: ed io non voglio altro.