Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 3.djvu/90

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82 diceria o bacco.

le femmine ne spiritavano, e squassando le chiome rabbuffate quand’ei s’avvicinava gridavano. Evoè; che forse così si chiamava quel loro signore. E che già quelle femmine rapivano le greggi, e squartavano gli agnelli, e se li mangiavano vivi vivi. Udendo questo racconto gl’Indiani ed il loro re si messero a ridere naturalmente, e stimarono di non uscire a scontrarle e combatterle; ma se si avvicinassero di più, mandarvi le loro femmine: che per essi pareva una vergogna vincere femmine pazze, e quel capitanessa mitrato, e quel vecchiotto ubbriaco, e quel mezzo soldato, e quei ballonzatori nudi, tutta gente da riso. Ma poi che vennero le nuove che il dio devastava il paese, bruciava le città con tutti gli abitanti, incendiava le selve, e in breve tempo aveva empiuta tutta l’India di fuoco (chè il fuoco è arme di Bacco, e l’ebbe dal fulmine paterno), allora in fretta presero le armi, e messe barde e freni agli elefanti, e caricatili delle torri, uscirono ad oste, disprezzanti anche allora, ma irritati e bramosi di mettersi sotto i piedi quell’esercito e quello sbarbatello di capitano. Come furono dappresso e a vista, gl’Indiani, schierati gli elefanti in prima fila, fecero avanzar la falange: Bacco stava egli al centro, Sileno guidava l’ala destra, e Pane la sinistra. Alle squadre ed alle bande erano assegnati i satiri; il contrassegno per tutti, l’evoè. Tosto il picchiar de’ timpani e lo strepitar dei cembali suona a battaglia, un satiro piglia un corno e manda un acutissimo squillo, l’asino di Sileno dà un bellicoso ragghio, e le Menadi ululanti si scagliano all’assalto, cinte di serpenti, e dalle punte dei tirsi sfoderando il ferro. Gl’Indiani ed i loro elefanti subito rivolgendosi, disordinatamente fuggirono, senza neppure aspettare divenire alle mani, e infine furono vinti e menati prigioni da quelli stessi che pocanzi avevano derisi, imparando col fatto che non dovevano di prima informazione disprezzare eserciti forestieri.

Ma che c’entra qui questo Bacco? dirà taluno. C’entra, perchè mi pare (e per le Grazie, non credete che io vada in visibilio, o sia briaco se mi paragono agl’iddii) che come accadde a quegl’Indiani per quelle strane novelle, così accada a molti per i miei discorsi. Udendo dire che io recito satire, frottole e frasche di commedia, credono che così sia, per non so quale