Pagina:Opere di Mario Rapisardi 5.djvu/277

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Odio dell’odio, non odio a’ viventi,
     Che velenoso e viscido spumeggia
     Su la lingua de’ preti e de’ serpenti,

E l’aria ammorba alla romana reggia,
     Ov’or non pienamente empie sua fame
     Il bieco dio che trucida e festeggia:

Poi che scarso di preci e di carname
     Stride il suo stuolo ingordo, e striscia e balza
     Di preda in cerca e di lussuria infame.

E intanto la marea splendida s’alza,
     E il torvo nume e la vorace schiatta
     Indeprecabilmente a morte incalza.

L’Ombra, da cui sbucò, la Chiesa allatta;
     S’apre ansante l’Abisso, e nel perduto
     Seno agogna la prole egra e disfatta.

Il magico poter, ch’ebbe polluto
     La terra e il ciel di colpe e di vergogna,
     Come la morte eternamente è muto;

Dell’error sigillata è omai la fogna;
     Di terror fredde e come cener bianche
     Le labbra in cui ghignò l’empia menzogna;

E colei ch’agitò su l’alme stanche
     Il vessil della notte e del terrore
     La tempia ha rotta e le rapaci branche.