Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/177

Da Wikisource.

LIBRO SECONDO 155

ni1? Non portato i limiti dell’imperio al di la delle terre degli Omeriti, del mar Rosso, e della regione de’ Palmizj2? E non potremmo noi qui rammentare eziandio i mali per lui recati all’Africa ed all’Italia? Piccolo è l’orbe intiero a sbramarne l’ambizione, ma sopr’esso, o valicato l’oceano, vorrebbe trovare altro mondo per dominarlo. A che dunque, o re, indugii a rompere questa funestissima pace, da cui non ti è dato sperare che l’ultimo posto tra le vittime sue? Vuoi tu conoscerne i trattamenti verso de’ confederati? riguarda noi stessi ed i Lazj: in preferenza anteponi osservarne i modi cogli stranieri, volgiti ai Goti, ai Vandali, ed ai Maurusii, i quali tutti non avendo mai avuto che divider seco, non temon punto la taccia di essergli addivenuti ingiuriosi. Nè creder già ogni cosa detta, ma attendine alcuna di maggior rilievo. Quali cabale non adoperò egli per separarti da Alamandaro tuo confederato e suddito, e per istrigner lega, senza veruna precedente dimestichezza, cogli Unni? Fuvvi giammai più straordinario e vituperevole cimento? Che maraviglia pertanto se impadronitosi ben presto dell’occaso trasporterà il pensiero all’oriente, contro i Persiani dico, unico scopo di sue conquiste in esso. Che se parliamo della pace, egli l’ha da gran pezza violata, imponendo limiti ad una confederazione la quale non doveva conoscerne affatto; nè dir si debbe mancare agli

  1. V. lib. i, cap. 19, § 1.
  2. V. lib. i, cap. 19, § 3.