Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/199

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LIBRO SECONDO 177

rica zabergane, supponendola colà per trattare di pace, accostatoglisi dicea: «Parmi, o Cosroe, che tu la pensi ben differentemente dai Romani stessi per riguardo alla salvezza loro. I quali insultaronti con mille oltraggi innanzi all’assedio, nè avvi eccesso a cui non sieno ricorsi dopo la nostra vittoria, come disperando affatto della clemenza tua. Nondimeno tu cerchi di compassionare chi non domanda salvezza, e di perdonare a chi è ben lunge dal meritare perdono, conciossiachè gli Antiocheni postisi a schiere negli agguati, sebbene privi del soccorso delle armi, tagliano per ogni dove a pezzi noi vincitori». Il re intendendo tali cose mandò una mano de’ suoi valentissimi guerrieri a riconoscere lo stato della città; e questi di ritorno significarongli essere il tutto in pace, e che i Persiani col numero loro avevano debellato i cittadini assalitori, e fattone macello non risparmiando età nè sesso. Narrasi inoltre che due illustri matrone, dimoranti fuor delle mura, sentendo la città caduta in potere del nemico, tosto corressero all’Oronte e, velatosi il capo, balzasservi entro, per non esporre il proprio onore alle contumelie dei Persiani.

Procopio, tom. I. 12