Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/201

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LIBRO SECONDO 179

comandai che loro si permettesse la fuga ed il cercare altrove salvezza.»

II. Il re però simulatamente e mirando appalesarsi tutt’altro di quello in realtà era così parlava agli ambasciadori, sapendo benissimo i veri motivi della sua bugiarda clemenza nell’accordare agli Antiocheni il tempo necessario a campare la vita; imperciocchè non la cedeva in finezza ad alcuno, ed era valentissimo nell’arte di escogitare inganni, di palliarsi, e di accagionare altrui de’ suoi proprii misfatti; di più il vedevi all’uopo secondare ogni domanda, sagramentare la data parola, e quindi, scorso brevissimo tempo, negare il tutto ed interamente cangiarsi di parere. Avvegnachè il suo volto spirasse pietà, e le sue labbra ognora abborrissero il delitto, pure non v’era indegnissima azione ch’e’ si guardasse dal commettere quando sperava ritrarne qualche vantaggio, ed il potrebbero confermare i Sureni tutti, da lui sebbene innocenti rovinati a forza d’inganni e di simiglianti doppiezze; eccone esempio: Debellata la costoro città un barbaro colla sinistra mano trascinava tal avvenente e ragguardevole donna, e colla destra un fanciullino di lei appena spoppato; ora perchè tardava questi a seguirne il passo, e’ diedegli tanto del capo in terra che fecelo crudelmente morire; abbattutosi il monarca in sì grande empietà, narrano che mostrasse colle parole e col volto non solo immenso cordoglio, ma sin lagrimasse, ed alla presenza di tutti, non eccettuato lo stesso imperiale ambasciadore Anastasio, pregasse con sospiri il Nume di punire la sorgente di tanti mali: intendendo aggravare del mi-