Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/235

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LIBRO SECONDO 213

paese, famosissimo per le avventure di Medea e Giasone1, ebbe a suoi piedi il re Gubaze, giunto colà per fargli omaggio della sua corona.

II. Avvicinatosi con nuove marce a Pietra, altre volte oscuro villaggio sulle rive del Ponto Eussino, ed ora, abbellito e fortificato da Giustiniano, pregevole citta della Colchide, e sentendola guardata da romano presidio avente a duce un Giovanni2 vi spedì Aniavedo con soldatesca per assaltarla; ma Giovanni avvisato della venuta e dello scopo di quelle truppe comandò ai suoi di tenersi armati ed in perfetto silenzio presso delle porte senza uscir fuori o mostrarsi dall’alto delle mura. Il nemico arrivatovi e suppostala deserta, non vedendo guerrieri nè ascoltando rumore alcuno, subito vi rizzò

  1. Regnava nella Colchide Eeta quando approdovvi Giasone per ottenere il vello d’oro appeso entro un bosco sacro a Marte, e custodito da un drago che mai dormiva. Il re udita la costui domanda promise di compiacerlo quando il rivedrebbe vittorioso in due propostegli imprese molto simili alle tante di Ercole. Or mentre Giasone andava seco stesso pensando al come riuscirvi, Medea, figliuola del re, innamoratasi di lui e giunta a riportarne parola di nozze, appalesògli all’insaputa del genitore i mezzi per riuscirvi. Mancatogli però allora di fede Eeta, l’amante stessa di nottetempo condusselo nel bosco, e con veneficio fatto addormentare il drago s’impadronì del vello, e montata con Giasone sulla nave salpò alla volta di Iolco (V. Apollonio, Biblioteca, lib. I). Così però Appiano: «Scorrono giù dal Caucaso molte sorgenti con arene invisibili d’oro, e gli abitanti v’affondano groppi lanosi, onde le arene vi s’implichino e le raccolgano; e forse tale era il vello d’oro d’Eeta» (Guerra Mitridatica).
  2. V. cap. 14. § 2, di questo libro.