Vai al contenuto

Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/407

Da Wikisource.

LIBRO PRIMO 381

re dei Vandali e degli Alani, che il tiranno Goda uscì di vita per le mie mani, e l’isola da te un’altra fiata dipende; puoi così festeggiarne la vittoria. Per rispetto ai nemici che baldanzosi misero il piede sulle africane terre, abbi per certo che attendeli non miglior sorte di coloro, i quali impugnarono le armi contro i nostri antenati». I messi fuori d’ogni sospetto di rincontrare sì grandi cambiamenti, ritraggonsi nel porto di Cartagine, dove sono imprigionati dalle guardie romane; venuti di poi alla presenza di Belisario cedongli la scritta, e lo informano compiutamente delle cose avvenute in Sardegna. Trasecolarono però al vedere un sì repentino variar di fortuna, sebbene fosse loro sparagnata ogni molestia dalla generosità del romano duce.

II. Ad un’epoca non molto diversa è uopo rapportare altro che di simile: Gilimero poco innanzi che le navi romane giugnessero nell’Africa mandò in Ispagna Gotteo e Fuscia ambasciadori per indurre Teudi re de’ Visigoti a strigner lega coi Vandali. Eglino trapassato Gadi e il mare d’Ercole1 vanno al re dimorante in una cittadetta sul lido; il quale, fattili cortesemente suoi ospiti, tra il convito domandolli in prima come andasse la bisogna di Gilimero e de’ Vandali (imperciocchè, indugiando i legati per via, un bastimento mercantile salpato da Cartagine il dì stesso ch’eranvi entrati i Romani, e da vento propizio spinto in poc’ora nella penisola, aveagli dato avviso di

  1. Stretto di Gibilterra.