Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/457

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LIBRO SECONDO 433

la fortuna; ma quel Belisario cui è dovuta ogni gloria delle armi bizantine sta ora per volere del Nume assai lunge da noi; oltre di che noi stessi appianammo la via a que’ loro trionfi, logorando i Vandali colle nostre frequenti vittorie. Che più; nel venturo cimento, commilitoni, tutto ne induce a sperare, comportandovi da prodi, una compiuta vittoria sopra i nenici».

V. I capitani dopo le aringhe diedero il segno della battaglia, che nel principio tornò male agli imperiali, essendosi i costoro cavalli, intimoriti all’aspetto de’camelli, renduti indocili al freno e volti, gittato di sella il cavaliere, in precipitosa fuga. I barbari spettatori di cotale scompiglio fannosi lor sopra colle aste e con quanto mai hanno per le mani, riempiendo tutto il nemico esercito di turbamento e confusione in guisa, ch’egli più non sapea come difendersi o rimaner fermo nell’ordinanza. Salomone alla vista del gravissimo pericolo balzato subito e fatto balzar d’arcione sua gente comanda loro di formare una testuggine co’ pavesi, e di non attendere che a guarentire i proprii corpi dal saettame nemico: frettoloso quindi sen parte con non meno di cinquecento lance a combattere i camelli, e comanda a’ suoi che sguainate le spade uccidanne quanti aggiugner ne possono. Costoro adunque riusciti felicemente nella impresa disperdono tutti i Maurusii di quel corno, ed uccidendo forse dugento camelli apronsi al cadere di essi un varco tra le opposte file, e corron di botto nel mezzo, ove giacea l’imbelle turba.

Procopio, tom. I. 28