Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/195

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LIBRO SECONDO 185

egli comandava le prefate cose a Ildigero e Martino, i quali cavalcavano prestamente la Via Fiaminia lasciando per lungo tratto indietro il nemico. Imperciocchè questo, oltre essere ritardato dall’immenso numero, dovea fare più lungo cammino tanto a cagione della carestia di vittuaglia, quanto per evitare i luoghi muniti della Via Flaminia, sapendo in mano de’ Romani, come scrivea, Narni, Spoleto e Perugia.

II. Le romane truppe assaltarono transitoriamente il castello di Petra. Questo fortilizio è opera della natura, non dell’arte; l’ertissima strada che vi conduce ha le acque a destra d’un fiume cotanto rapido quanto è uopo ad impedirne comunque il valicamento. Da sinistra gli vedi sovrastare una rupe scoscesa ed elevata per modo che se avvi gente alla sommità sua in rimirandola da basso non sembra eccedere la taglia de’ piccolissimi augelletti. In altri tempi procedendo non ti si appresentava alcun passo, da che l’estremità della rupe aggiugneva l’alveo del fiume, dove pervenuti non v’era mezzo d’inoltrare. Laonde i nostri antenati pertugiatala costruironvi un usciuolo, e chiusa la massima parte dell’altro accesso n’ebbero, serbando la sola nuova apertura, un naturale fortilizio, che nomarono con adatto vocabolo Pietra. Da principio adunque Martino e Ildigero assalendo l’altra porta nulla ottennero col foltissimo saettamento loro, sebbene il barbarico presidio non v’opponesse la minor resistenza. Di poi inerpicati sullo scosceso tergo della rupe cominciarono a lanciar pietre contro de’ Gotti, i quali trepidanti ripararono ne’ luoghi coperti, e rimaneanvi inoperosi. Allora i