Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/196

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186 GUERRE GOTTICHE

Romani, vedendo affatto inutile il gittar delle pietre, divisarono coll’unito sforzo di molte braccia rotolare sopra le sottoposte case massi d’enorme volume; questi per poco che colpissero alcuna parte dell’edificio v’arrecavano grande scossa con timore gravissimo delle barbare genti rinchiusevi, mercè di che esse tendendo lor palme a que’ della porta s’arrenderono insiem col castello al nemico, avuta la giurata promessa di andarne salvi della vita passando agli stipendj romani sotto di Belisario. Ildigero e Martino pigliaronne molti seco per condurli laddove eran diretti colle truppe loro, mescolandoveli senza distinzione alcuna; ed il resto unitamente alle donne ed alla prole rimasero in custodia della romana guernigione. Proceduti quindi sino ad Ancona e levatavi gran parte de’ fanti ivi di stanza giungono col terzo giorno ad Arimino, e vi comunicano le intenzioni del supremo duce. Se non che Giovanni rifiutossi di seguirli, e volle pur anche ritener seco Damiano con quattrocento armati; così quelli, depostavi la pedonaglia, ne partirono prontamente in compagnia delle lance e de’ pavesai di Belisario.


CAPO XII.

Arimino assediata dai Gotti. — Generoso provvedimento e sermone di Giovanni. — Il presidio spedito da Belisario ai Milanesi apporta a Genova, combatte al Ticino dov’è spento Fidelio prefetto dell’annona. — Teudeberto re de’ Franchi manda aiuti ai Gotti. Questi assediano Milano.

I. Non guari tempo dopo Vitige con tutto l’esercito approssimatosi ad Arimino ed alzatevi le trincee lo asse-