Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/198

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188 GUERRE GOTTICHE

e larghezza; in ispecie laddove agevole essendo la espugnazione del muro i barbari colla torre avrebbonvi dato l’assalto. Avanzatasi vie più la notte i nemici fatti accorti dell’operato scagliansi contro ai zappatori, i quali presto riparano entro la città avendo ottimamente compiuto l’intrapreso lavoro. Allo spuntare del giorno Vitige rimirata l’opera de’ Romani, dando pel dispiacere nelle furie, punì di morte alcuni custodi, e fermo nel pensiero di condurre a termine sua gesta ordinò ai Gotti di gittare all’istante nella fossa molti fasci di legne per quindi trascinarvi sopra la torre. Eseguisconsi i reali comandi con ogni diligenza avvegnachè la guernigione dal muro vi si opponesse fortemente; ma la catasta delle legne aggravata dal peso della sovrapposta mole, com’era il caso, affondò. Allora i barbari giudicando insuperabile ostacolo quello di spignere innanzi l’artifizio loro, poichè era molto cresciuta l’erta laddove i Romani, giusta il detto, aveano accumulato la terra, e temendo non il nemico tra le tenebre della prossima notte con una sortita appiccassevi fuoco, la trascinarono indietro. Ma Giovanni risoluto di opporvisi con tutte le forze arma i soldati, e raccoltili a parlamento così favella: «Messi a tale ripentaglio, o miei commilitoni, se v’ha tra voi cui sia caro il vivere ed il rivedere finalmente i suoi in patria, e’ sappia innanzi tutto in null’altro essere riposta la speranza di questi due beni che nelle proprie sue mani. Egli è vero che da principio quando fummo qui spediti da Belisario, l’amore e il desiderio di molte cose ne inducevano ad accingerci di buon grado all’impresa. Conciossia-