Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/307

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LIBRO TERZO 297

di condur seco moltissime truppe; nè mal si appose nell’antivedere e deludere i pensamenti loro, essendo che i Gotti, alla nuova d’una fortissima armata di mare alle vele e proveniente dalla Sicilia argomentarono imminente l’arrivo d’assai poderoso nemico esercito. Che se Demetrio senza metter tempo di mezzo si fosse a dirittura portato a Napoli avrebbe, a mio avviso, incusso timore agli assediatori, e conservato la città senza opposizione. Egli per lo contrario intimoritosi del pericolo non volle afferrarvi, e posto in salvo il navilio nei porti di Roma, tutto quivi dedicossi ad arrolare soldati. Ma questi, già vinti dai barbari e tuttora delle costoro armi trepidanti, rifiutandosi marciare seco lui contro Totila ed i Gotti, obbligaronlo a battere la via di Napoli co’ soli pochi menati da Bizanzio. Aveavi poi un altro Demetrio da Cefalene in epoca anteriore nocchiero espertissimo delle faccende marineresche e dei pericoli soliti incontrarsi nel solcare le acque; e per siffatta perizia sua addivenne cotanto famoso navigando con Belisario nell’Africa e nell’Italia che fu scelto da Giustiniano a governatore della città di Napoli. Ora cominciatosi dai barbari l’assedio di quelle mura, villaneggiò assai protervamente in mille guise Totila, e fe’ mostra in tali calamitose circostanze d’accordare soverchia licenza all’effrenata sua lingua. Procedendo quindi le sciagure e vie più gravitando sopra gli assediati, per consiglio di Conone, ebbe cuore di montare ascosamente da solo un paliscalmo e navigare alla volta di Demetrio maestro della milizia. Uscito del pericolo, fuor d’ogni aspettativa, sano e salvo abboc-