Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/389

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LIBRO TERZO 379

bevi egli stesso giunto. Belisario letto il foglio d’Augusto dal nerbo del nuovo esercito fe’ cerna per sè di novecento militi, sette cento cavalieri e dugento pedoni, e commessa al resto sotto gli ordini di Conone la difesa di quella contrada, si propose di là navigare al mare di Sicilia. Spiegate quindi le vele coll’intendimento di apportare a Taranto lasciossi a mano stanca il borgo detto Scilleo, dai poeti cantato stanza di Scilla1; non già che ivi soggiornasse donna con aspetto cagnesco, siccome narran le fole; ma perchè in antico aveavi grande quantità di Sculachi o di cani pesci, ora da noi chiamati cagnuoli2. Nè v’è a ridire che pongansi da principio acconci nomi alle cose, ma poscia la fama nel divulgarli propaghi errori negli animi ignoranti della verità. Così il tempo col suo trascorrere addiviene mai sempre l’artefice della favola, e bellamente fa suoi proseliti i vati, ognora pronti a dichiarar reale, mercè la licenza accordata all’arte loro, quanto non creò unque natura. A simile perchè un tempo il promontorio dell’isola Corcira3, volto a sol nascente, fu nomato da que’ paesani Capo di Cane v’ha chi sostiene rincontrarvisi di tali uomini con testa canina. Nè altrimenti alcuni Pisidi nomansi Licocraniti da un monte di quella regione detto lucu crania4, voci

  1. Derivato da σκύλαξ catulus.
  2. Cani marini.
  3. Oggi Corfù, isola nel mar Ionio celebre pel naufragio d’Ulisse e per gli orti d’Alcinoo.
  4. Da λύχος lupo e χρανίον capo.